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Arnaldo Zuccari paesaggio montano con contadini  Mostra monografica AAB n° 97 dimensioni 33,5x49 cm con cornice 51,5x67 cm olio su tela su cartoncino 
Zuccari Arnaldo (Brescia, 5 luglio 1861 - 30 marzo 1939). Di Innocente (v.), orefice, e di Giuseppina Raineri. Pittore. Impara la pittura da Luigi Campini nella Scuola Civica di Disegno, che aveva allora sede nella ex chiesa di S. Cassiano. La morte del padre (1879) lo costringe a dedicarsi al negozio. Continua, tuttavia, come verrà definito, da «ammirevole» autodidatta, la formazione artistica, frequentando maestri d'arte di cui scrive nella "Sentinella Bresciana" che lo vede a lungo attento collaboratore. Come è stato scritto: «Fu nella giovinezza il signorile dilettante che amava, insieme alla pittura, la musica e la poesia e alternava i pennelli con la penna del giornalista e con la matita del disegnatore di caricatura». Il matrimonio, nel 1887, con Oliva Biemmi, dal quale nascerà, due anni più tardi, il figlio Amleto, gli permette di dedicarsi sempre più intensamente alla pittura. Dal 1887 partecipa infatti a numerose mostre cittadine nell'ambito dell'associazione "Arte in famiglia", presentando paesaggi apprezzati dai critici «per la brillantezza dei colori e la notevole fattura». Nella mostra del 1889 il critico della "Provincia di Brescia" segnala come «bellissime» le dodici impressioni, mettendo in particolare rilievo "Mattino di settembre". Nel 1890 Zuccari entra come insegnante di ornato superiore alla Scuola Comunale di disegno, della quale diventa direttore nel 1910, carica che ricopre con scrupolo e intelligenza fino al 1922. Sempre interessato al giornalismo, dal maggio 1890, per qualche tempo, collabora con disegni e caricature al "Guasco, settimanale umoristico", fondato e scritto quasi del tutto da Angelo Canossi; produce i disegni della prima e della seconda testata, una serie di pupazzi e di vignette, ma anche le illustrazioni per un romanzo pubblicato a puntate, "L'enigma di S. Michele alle Rose". Del caricaturista, Luciano Anelli (in "Pennini graffianti", p. 36) rileverà «la capacità di cogliere un "tipo" in pochi segni essenziali». In questi anni Zuccari si dedica anche al ritratto. Del 1884 è quello di Luigi Lombardi, altri eseguiti a pastello ne dedica alla moglie Oliva. Datato 1904 e firmato è un grande ritratto postumo di Giuseppe Zanardelli ricomparso nel 1984 sul mercato antiquario bresciano. Del 1892 è il primo vero successo. Infatti col grande bozzetto dal titolo "Domine non sum dignus", eseguito nel 1891 e presentato alla Mostra artistico-industriale promossa dalla Società delle Belle Arti di Ferrara, ottiene il primo premio ex aequo del Ministero della Pubblica Istruzione. Il tema di «profondo, mistico e quasi antico valore dal vivido e fulvo tono» è ripetuto nell'opera intitolata: "Chierici in cantoria". Il successo lo spinge nel 1893 a concorrere alla pensione biennale sul Legato Brozzoni, la cui commissione però «pur tributando le meritate lodi al paesista sig. Zuccari» gli preferisce lo scultore Vincenzo Emilio Magoni. Nel 1894 è impegnato «per commissione d'una signora di Gambara», nell'esecuzione di una pala d'altare raffigurante S. Domenica di Tropea, martire del sec. III d.C., e ad una copia dell'Assunta del Moretto della chiesa di Maguzzano. Nel frattempo Zuccari allarga il campo della sua attività affiancando alla pittura il disegno pubblicitario e l'illustrazione: nel 1889, in occasione del cinquantenario delle Dieci Giornate, fornisce a Canossi una serie di bozzetti per l'edizione commemorativa di "I dieci giorni dell'Insurrezione di Brescia nel 1849" di Cesare Correnti; in seguito disegna la copertina dell'"Annuario guida della città e della provincia di Brescia" (1898) e pubblicità per diverse ditte bresciane; si cimenta anche nell'affresco e nel 1895 dipinge, con ornamentazioni del pittore Arturo Castelli, la sala da pranzo della villa Bertelli a Nozza con "Il cavaliere guelfo Galvano della Nozza", su una parete, e le figure allegoriche dell'"Abbondanza, Temperanza e Letizia", sull'altra. Nel 1897 è presente alla mostra di Arte Moderna di Milano con l"Angelus" nel quale, biasimando la collocazione «mortificante», la critica ravvisa l'«opera di un artista d'ingegno e una sicura promessa per l'avvenire». Nell'estate 1898 espone ad "Arte in famiglia" le dodici piccole impressioni già citate. Nello stesso periodo Zuccari partecipa applaudito alla Mostra d'arte moderna per le feste morettiane con l'"Angelus", il "Domine non sum dignus" e numerose altre tele, fra le quali il "Chiostro di S. Pietro" che è tra le opere vendute. Nel dicembre 1900 un quadro dal titolo "Effetto di sole a S. Eufemia" fa scrivere al critico della "Provincia di Brescia" che si tratta di «uno stupendo lavoro a spatola, un primo tentativo fatto dallo Zuccari per rendere il vero nella sua parte sostanziale». Al tempo stesso nella rassegna su "Rivista d'Italia" Levi scrive del disappunto provato per il mancato acquisto da parte dell'Accademia di Brera di Milano e dell'altrettanto negata ammissione alla Triennale di «un bellissimo Cristo dal titolo "Triste è l'animo mio fino alla morte"», giudicato dal critico «non solo migliore, al confronto, della massima parte delle tele che furono fatte pompeggiare, ma, in se stessa, ed in senso assoluto, sì nobilmente squisita d'intenzione, ed espressa con sì corretta efficacia, da prendere posto fra i più elevati tentativi a cui abbia dato luogo in questo nostro periodo il soggetto immortale». A Levi fa eco Gian Pietro Lucini che scrive «che se altri avesse firmato, non lo Zuccari, un "Ecce Homo" turbante nella sua serenità di sagrificio, sullo sfondo prezioso di una gioielleria di smeraldi ("Triste è l'anima mia sino alla morte") che mi ricorda i prestigiosi martiri del Moreau certo il quadro dello Zuccari sarebbe entrato trionfale nei saloni di Brera». Poi le presenze in mostre si vanno diradando. Nel gennaio 1909 partecipa ad "Arte in famiglia" dove espone "Primavera" e "Tramonto armonioso", «due impressioni forti: una smagliante di colore, l'altra un delicato e soave tramonto autunnale», scrive il critico della "Sentinella". Sempre più stimato, l'artista viene chiamato a far parte di premi e commissioni. Nel 1916 viene nominato Cavaliere della Corona d'Italia; nel 1917 è membro della Commissione per il monumento a Cesare Battisti. Dal 29 dicembre 1918 è socio effettivo dell'Ateneo di Brescia. La morte della madre nel 1922 e della sposa nel 1923 lo spingono ad isolarsi. Tuttavia nel 1924 è presente ancora ad "Arte in famiglia"; e nel 1927 tiene una mostra personale presso la Galleria Campana con la ripresentazione di opere come "Domine non sum dignus", "Triste è l'animo mio fino alla morte", "Paolo e Francesca", "Una tentazione di S. Antonio" e di paesaggi di alta espressività e intrisi di profonda religiosità. La mostra è organizzata quasi a contrasto dopo quella di Cesare Monti, ma il critico del "Popolo di Brescia", Vicari, nella recensione del 16 gennaio 1927 riconosce che non vi è contrasto fra le due mostre in quanto «giovani e anziani, son tutti concordi nell'opera di questo valente e modesto pittore (lo Zuccari), uno schietto e sano valore artistico che supera ogni visione particolaristica». Nel 1930 torna all'affresco dipingendo, nella controfacciata della chiesa parrocchiale di Cologne, "Gesù che scaccia i venditori del Tempio", mentre per la chiesa di S. Gaetano in Brescia dipinge la pala raffigurante "S. Elisabetta d'Ungheria". Nell'ambito della produzione a soggetto religioso si possono ricordare l'olio su tela (cm 117 x 83) raffigurante la "Mistica visione di S. Gaetano da Thiene", un tempo collocato nella cappella in località Mezzullo a Quinzano d'Oglio e ora nella canonica del paese; il cartone con "S. Filippo Neri e il venerabile Luzzago" (1892), della Casa della Pace a Brescia, la pala con la "Beata Maria Maddalena Martinengo da Barco in estasi" (1900), oggi conservata presso i Civici Musei d'Arte e Storia e forse proveniente dalla chiesa di Sant'Angela Merici, la pala con la "Trinità con la Madonna, san Giuseppe e i santi Carlo Borromeo, Luigi Gonzaga, Giovanni Battista, Francesco d'Assisi e Rocco" (1911) della chiesa parrocchiale di Ognissanti a Lograto. Dal 2 luglio 1932 viene assunto dal Comune di Brescia con la qualifica di "applicato pittore avventizio" (!), in Biblioteca Queriniana e nel 1934 viene chiamato a far parte del Comitato ordinatore della mostra della "Pittura bresciana dell'800". L'artista muore improvvisamente per arresto cardiaco nel marzo 1939. Nel gennaio 1940, per iniziativa del Sindacato Belle Arti e dell'Ateneo di Brescia, viene ricordato alla Bottega d'arte con una mostra postuma ordinata dal figlio Amleto nella quale sono presenti 57 sue opere. Nel settembre 1956 compare con 17 opere alla mostra dei "Pittori dell'800 bresciano". Una sua personale fu esposta nel marzo 1998 all'AAB. Oltre ai citati temi religiosi e a quelli storico-romantici (come "La morte di Alessandro de' Medici", "Paolo e Francesca", "Morte di Cleopatra"), prevalenti nella produzione di Zuccari sono i paesaggi via via apparsi in occasione di mostre: "Giardino di via Monti" (1903), "Sopraponte", "Meriggio nebuloso", "Presso la chiesa", "Paesaggio al tramonto", "Paesaggio con la neve", "Fine d'autunno", "Vicinanze alla Bornata", vari "Broli" che ritraggono angoli della periferica proprietà dove il pittore soleva trascorrere periodi di vacanza. L'amore per la sua città lo portò anche ad effigiarne angoli caratteristici e spesso dimenticati, in opere come "Statua di Villa Ducos", "Il chiostro di S. Francesco", "Sui Ronchi", "Case a S. Eufemia", "Cancello", "Veduta del colle Maddalena", "I Ronchi a Sant'Eufemia", "Rustico alla Volta Bresciana", "S. Pietro in Oliveto", "Ruderi di via Musei". Ultimo dei rappresentanti di quel gruppo di pittori bresciani che tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento ebbero come centro "L'arte in famiglia" e sulle tracce di Faustini e Filippini, espresse un'arte sincera e casalinga. Pittore poeta felice, specie nei bozzetti, nelle impressioni improvvise e nelle composizioni immediate. Pietro Feroldi, a commento della mostra del 1940, a parte gli influssi e gli accostamenti a pittori del suo tempo, dal Filippini degli inizi che fu suo «diletto amico» al Fattori al Sernesi, all'Abbati, al Lega, al Ranzoni, al Ciardi, ha voluto vedere nello Zuccari «una trasognata dolcezza, anche se non lievitata da vera novità poetica: un sogno che comprova la sua natura lirica, in cui i valori si accentuano o si perdono in una combusta e semispenta rarefazione di colori». E concludeva: «Se il nome di Arnaldo Zuccari non ha varcato i limiti regionali, non diremo ch'egli sia stato pittore "dialettale". L'intimo scrupolo della sua opera non gli ha permesso di tentare quegli alti voli dei quali l'avrebbero fatto capace attitudini alla composizione quali controlliamo ancor oggi in "Domine non sum dignus", l'opera che si inserisce definitivamente nella pittura italiana esemplare dell'ottocento». Renata Stradiotti, presentando l'esposizione del 1998, dice di Zuccari che «... altalenante tra influssi derivati dall'ambito locale e quelli provenienti da suggestioni di più ampio raggio, pur non allontanandosi mai stabilmente da Brescia, capta con sensibilità le tendenze artistiche che movimentano il trapassare di un secolo nell'altro; condividendole negli aspetti stilistici e nei contenuti e imboccando esperienze diverse pur nei medesimi anni. Spirito eclettico, dunque, ma questa sarebbe una formula troppo sbrigativa per uno sperimentatore come Zuccari, che rimane pur sempre coerente ad un preciso filone sentimentale, onestamente lirico, permeato da una piacevolezza non superficiale...».

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