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L'impero del leone di Giuda Note sull' Abissinia alle cui ultime vicende l'autore assistette per 47 anni dal 1880 al 1927 di Ottorino Rosa F. Apollonio Brescia 1935 Africa Etiopia, copertina rigida in mezzatela con piatti marmorizzati, titolo e fregi in oro al dorso, in 8° gr. conservate le brossure ed. e rinforzate con carta giapponese, pag. 319, presenti illustrazioni fotografiche, lieve ingiallimento e fioriture, presente anche un estratto pubblicitario dell'edizione a cura dell'Ateneo di Brescia, complessivamente buone condizioni generali vedesi immagini. Rosa Ottorino (Iseo, 13 ottobre 1853 - Brescia, 29 novembre 1930). Del notaio Francesco e di Antonietta Nulli. Nipote di Gabriele Rosa. Entrato nella ditta Andrea Benedetti e fratelli, seguì Agide Agazzi sostituendo il giovane Madoni morto appena arrivato. Si dedicò dal 1880 agli scambi diretti con le coste del Mar Rosso. Stabilitosi a Berbera e poi ad Assab e a Aden, si dedicò all'importazione di pelli, caffè, incenso e madreperla. Le merci concentrate a Aden venivano spedite in Italia . Ad Aden nel 1880 incontra spesso il poeta francese Arthur Rimbaud che commercia in coloniali, armi e, si dice, anche schiavi. Da Aden, appunto, nel 1881 inviava alla "Provincia di Brescia" quelle che il giornale definiva "preziose notizie del paese dei somali". Nell'agosto 1881 rimase solo a gestire "lo spaccio" e ciò fino a metà del 1882 quando venne licenziato e sostituito da uno dei titolari: Fausto Benedetti. Il Rosa rimase comunque in Africa dedicandosi a varie attività. Nel 1883 sempre sulla "Provincia di Brescia" scrisse sulla colonizzazione di Assab in articoli scritti sotto forma di lettera indirizzata allo zio, come lo stesso giornale precisa nel numero del 25 settembre: «Ottorino Rosa, il giovane e coraggioso nostro concittadino, da poco reduce dai lidi africani, scrive a Gabriele Rosa le seguenti considerazioni in forma di lettera». Dal 1885 fu nell'interno dell'Harrar, nel 1893 a Massaua e poi nell'interno dell'Abissinia, inviando alla "Provincia di Brescia" articoli nei quali denunciava le carenze dell'organizzazione coloniale italiana e fin dal 1891 censurava aspramente la politica seguita dall'Italia con Menelik. Critiche che ribadì in uno dei suoi rari ritorni in Italia nel luglio 1891. Allo scoppio della guerra italo-etiopica (1893-1896) venne espulso dall'Abissinia da ras Maconnen per ordine di Menelik. Rientrato in Eritrea, lavorò a facilitare approvvigionamenti delle truppe italiane in guerra. Passò poi circa vent'anni in Eritrea dove costituì con altri italiani il Sindacato delle miniere aurifere di Cheren, una specie di società per la ricerca dell'oro eritreo-abissino. Passò poi in Abissinia dove continuò il commercio di pelli e di caffè e dedicandosi anche all'agricoltura, coltivando uva e prodotti mediterranei. Allo scoppio della I guerra mondiale tornò in Italia e, sebbene sessantenne, si arruolò volontario nell'esercito italiano, nel 7° Fanteria. Ma pochi giorni dopo, con altri due, subì, come scriveva il 27 luglio 1915, "la gratuita ingiuria" dell'esclusione dall'esercito al momento di partire per il fronte. Profondamente amareggiato preferì tornare in Abissinia dove rimase fino al 1927. Tornato in patria a Iseo, nel 1928 si trasferì a Brescia dove continuò a collaborare alla stampa scrivendo articoli di economia e politica sul "Popolo di Brescia". Oltre a numerosi articoli nel 1908 pubblicò a Brescia un volume di "Storie vecchie e nuove sull'Abissinia" e nel 1913 la sua opera principale. «L'impero del Leone di Giuda - Note sull'Abissinia» (Brescia, Lenghi, 1913), un'opera di largo respiro e di indiscutibile impegno, punto di arrivo delle sue esperienze e dei suoi studi sull'Etiopia, una storia del paese africano dalle origini ai primi anni del nostro secolo, con tutte le implicazioni delle politica coloniale italiana ed europea del secolo decimonono. L'opera reca in appendice anche una breve grammatica e un dizionario della lingua Oromo-Galla ed è una storia.

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